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Lecito impossessarsi di documenti aziendali per difendersi in giudizio

Con sentenza n. 14305/2016 la Corte di Cassazione, valutando la legittimità di un licenziamento disciplinare, ha ritenuto che il “diritto alla difesa” prevale sulle esigenze legate alla segretezza di documenti aziendali.

Il dipendente veniva licenziato a seguito di contestazione disciplinare poiché era in causa con l’azienda per il riconoscimento di mansioni superiori e si era impossessato di documenti utili per la controversia inviandoli dalla mail aziendale alla casella di posta personale, oltre ad aver reso pubblica una lettera inviata dal direttore a una dipendente.

Tale comportamento, a giudizio del datore, giustificava il licenziamento perché violava la segretezza della corrispondenza aziendale, ma la corte di merito rigettava le istanze del datore e intimava il reintegro poiché la condotta non era stata né truffaldina né abusiva, posto che la divulgazione di notizie aziendali riservate è passibile di licenziamento solo in caso di attività in concorrenza. L’azienda non ha provato ci fosse il divieto di lavorare o ultimare il lavoro da casa e quindi di trasmettersi documentazione via e-mail all’indirizzo privato.

La Cassazione, d’accordo con le conclusioni del giudice di appello, ricorda che «il lavoratore che produca, in una controversia di lavoro intentata nei confronti del datore di lavoro, copia di atti aziendali, e riguardino direttamente la sua posizione lavorativa, non viene meno ai doveri di fedeltà, di cui all’articolo 2105 c.c., tenuto conto che l’applicazione corretta della normativa processuale in materia è idonea a impedire una vera e propria divulgazione della documentazione aziendale e che, in ogni caso, al diritto di difesa in giudizio deve riconoscersi prevalenza rispetto alle eventuali esigenze di segretezza dell’azienda».

Le modalità con cui il dipendente è entrato in possesso dei documenti utili per la sua causa non sono «in sé riprovevoli, abusive o truffaldine» e, inoltre, la trasmissione di corrispondenza dalla casella di posta aziendale a quella personale non era in contrasto con direttive o prassi aziendali.

Sulla base di tali motivazioni, il Collegio rigetta quindi il ricorso del datore di lavoro affermando il seguente principio di diritto: il diritto alla difesa del lavoratore prevale sulle esigenze di segretezza aziendale.

Il Direttivo AADI

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