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Cambiano gli ECM nel nuovo CCNL - Confusione totale

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    AADI
  • 4 ore fa
  • Tempo di lettura: 6 min

Nessuna chiarezza sull’organizzazione della formazione ECM. Le aziende possono negare la formazione personale?


Com’era prevedibile e come avviene per ogni C.C.N.L., regna la confusione perché l’ARAN impone le regole contrattuali a tutte le sigle sindacali, i quali rappresentanti, se ne stanno seduti attorno ad un tavolo ad annuire quello che il Consigliere Antonio Naddeo gli legge ad alta voce.

Ma quale contrattazione?

Oramai i sindacati ascoltano passivamente quanto ha già deciso l’ARAN e possono solamente rifiutarsi di firmare un C.C.N.L. che non soddisfa le aspettative e nulla più.

Questo nuovo C.C.N.L. è peggiorativo rispetto al precedente per molteplici aspetti (pronta disponibilità, indennità, incarichi, carriera e demansionamento) che, gradualmente, esporrò in altri articoli, ma in questo voglio rappresentare il pastrocchio che è stato creato sulla formazione infermieristica e non solo.

Naturalmente ciò sarà oggetto, come sempre, di litigi e contenziosi che tenteranno di interpretare le norme.

Affrontiamo la questione della formazione.


L’art. 48, co. 2 e 3, il nuovo C.C.N.L. introduce una novità mal scritta e confusionaria che così recita: “2. L’Azienda garantisce la formazione per l’acquisizione dei crediti formativi previsti dalle vigenti disposizioni da parte del personale interessato nell’ambito della formazione obbligatoria, all’interno della quale il dipendente ha titolo a richiedere al proprio dirigente o responsabile, specifici percorsi di formazione coerenti con il proprio profilo di inquadramento fino ad un massimo del 30% dei crediti formativi annuali”.

Il co. 2 premette che il personale interessato alla formazione obbligatoria prevista dalle vigenti disposizioni (D.Lgs. n. 502/1992 ovvero 150 crediti ogni tre anni) potrà ottenere tale formazione grazie all’impegno aziendale.

L’azienda garantirà i percorsi formativi obbligatori?


Si, al 70% cioè, 105 crediti. I restanti 45 crediti triennali ovvero 15 annuali, potranno essere chiesti al dirigente al fine di colmare specifiche lacune o svolgere corsi di interesse personale, sempre in coerenza con le professioni infermieristiche o ostetriche (comunque della propria qualifica).

La disposizione del co. 2 è però sibillina: cosa vuol dire “chiedere” al proprio dirigente? Il dirigente non potrà organizzare dei corsi in proprio, pertanto, la formulazione semantica qui non tanto chiaramente utilizzata, non può che interpretarsi nel termine autorizzatorio.

E se il dirigente non autorizza? Allora si potranno frequentare i corsi aziendali previsti nel piano formativo colmando il 100% dei crediti richiesti.

Naturalmente, il corso di formazione ECM “personale” potrà essere negato per obiettive ragioni di servizio ben documentate (considerato che si va a sacrificare un diritto che la norma chiama “titolo”).

Ma l’infermiere dovrà frequentare esclusivamente i corsi organizzati dall’azienda? No.


Il co. 3 e 4 dell’art. 48 del nuovo C.C.N.L. così prevedono: “3. Fermo restando l’obbligo da parte dell’Azienda di far acquisire i crediti formativi di cui al comma 2 al personale interessato, ai dipendenti di tutti i ruoli sono garantite 24 ore annuali destinate alla formazione continua, alla formazione obbligatoria prevista dalle disposizioni di legge e alle altre attività formative

previste nel piano integrato di attività e organizzazione (PIAO) aziendale. 4. La formazione di cui ai commi 2 e 3 rappresenta un diritto-dovere del dipendente e il personale che vi partecipa è considerato in servizio a tutti gli effetti ed i relativi oneri sono a carico dell’Azienda …”.

Ogni dipendente, per frequentare i corsi aziendali relativi alla formazione obbligatoria (cioè, gli ECM di legge) avrà a disposizione 24 ore annuali. I corsi relativi alle 24 ore sono aziendali perché il co. 4 stabilisce che gli oneri sono a carico del datore di lavoro.

Il dipendente potrà chiederle come permesso retribuito?


No, perché essendo aziendali saranno equiparati all’attività lavorativa.

Si può frequentare un corso in un giorno non lavorativo?


Si, sarà retribuito come lavoro straordinario (se autorizzato), ma il corso non potrà essere svolto in giorno di ferie, di riposo o altro permesso.


Sembrerebbe che le 24 ore a disposizione siano esclusivamente dedicate ai corsi interni perché destinate a “far acquisire i crediti formativi di cui al comma 2”. Infatti, il co. 8 dell’art. 48 succitato stabilisce quanto segue: Ove il dipendente prescelga corsi di formazione non rientranti nei piani suddetti ovvero corsi che non corrispondano alle suddette caratteristiche, la formazione - anche quella continua - rientra nell’ambito della formazione facoltativa per la quale sono utilizzabili gli istituti dei permessi retribuiti di cui all’art. 50 comma 1, lett. a) del CCNL 2.11.2022 (Permessi giornalieri retribuiti), dell’art. 62 del CCNL 2.11.2022 (Diritto allo studio) e dell’art. 68 del CCNL 2.11.2022 (Congedi per la formazione). Il presente articolo disapplica e sostituisce l’art. 67 (Formazione continua ed ECM) del CCNL del 2.11.2022”.


Quindi, l’art. 50, co. 1, lett. a) del C.C.N.L. 2019-2021 che riconosce 8 giorni l’anno per l’aggiornamento professionale facoltativo, anche on line (oltreché per concorsi ed esami), non è stato abrogato.


Del resto, neppure l’art. 66 del C.C.N.L. 2019-2021 è stato abrogato e così recitano i co. 7, 8 e 14: “Il personale che partecipa alle attività di formazione organizzate dall’Azienda ed Ente è considerato in servizio a tutti gli effetti. I relativi oneri sono a carico della stessa Azienda ed Ente. Le attività sono tenute, di norma, durante l’orario ordinario di lavoro. Qualora le attività si svolgano fuori dalla sede di servizio al personale spetta il rimborso delle spese di viaggio e di alloggio, ove ne sussistano i presupposti. … La partecipazione del personale all’attività formativa si realizza nelle seguenti aree di applicazione: a) corsi di insegnamento previsti dall’art. 6 del d.lgs. 30.12.1992 n. 502; b) corsi di aggiornamento professionale obbligatorio del personale organizzati dal servizio sanitario nazionale; c) formazione di base e riqualificazione del personale”.


La formazione si svolge per i corsi organizzati dal servizio sanitario nazionale”, quindi non solo dall’azienda e questo ci riporta all’art. 50 del C.C.N.L. 2019-2021 perché permette la libera scelta al professionista.


Vi sono situazioni dove l’infermiere è assegnato a mansioni amministrative per ragioni di salute (o altro e anche in via temporanea), ma è ancora iscritto all’albo professionale e, quindi, soggetto alla disciplina dell’OPI, di cui al D.P.R. n. 221/50, per cui si applicherà, comunque, tutta la normativa suesposta perché ancora inquadrato con la qualifica di infermiere e non potrà esimersi dall’acquisire i crediti ECM di legge perché quello che conta, nella normativa ECM, non sono le mansioni di fatto svolte dall’infermiere, ma la qualifica rivestita.


Allora quali obblighi e facoltà possiede il sanitario:

1) ha l’obbligo di frequentare i corsi formativi interni che l’azienda dichiara obbligatori per tutto il personale o per una determinata tipologia di personale che non sviluppano crediti ECM (es. corso per autodifesa, corso antincendio, ecc.);

2) ha l’obbligo di frequentare i corsi ECM interni che l’azienda dichiara obbligatori per un determinato personale o per un’intera tipologia di personale (es. la rianimazione cardio-polmonare, primo soccorso, ecc.);

3) al di fuori di queste due circostanze, ha la libertà di frequentare i corsi ECM che desidera nei limiti di 8 giorni l’anno, chiedendo l’autorizzazione al dirigente per l’assenza dal servizio.

Naturalmente, il dirigente, mentre potrà sindacare sulla tipologia del corso di formazione richiesto nell’ambito del 30% dei crediti annuali previsti dal piano formativo perché deve essere “coerente con il proprio profilo di inquadramento” (non con le mansioni effettivamente svolte, ma con la qualifica posseduta), non potrà parimenti sindacare sulla formazione restante del 70% svolta in azienda né sulla formazione facoltativa, rimessa prudentemente e discrezionalmente dal professionista sul quale grava l’obbligo formativo, pena, sanzioni irrogate direttamente contro di lui e non contro il dirigente o l’azienda.


In conclusione:

1) i corsi ECM si distinguono in obbligatori (organizzati dal datore di lavoro e svolti in regime di lavoro) nei limiti minimi di 24 ore annue e facoltativi nei limiti di 8 giorni l’anno;

2) i corsi aziendali sono sempre obbligatori se devono essere svolti da determinato personale (es. corso antincendio) e sarà l’azienda a dichiararne l’obbligatorietà;

3) gli ECM non sono obbligatori in azienda a meno che la stessa non lo dichiari sulla base di specifiche caratteristiche relative al servizio assegnato o alle mansioni svolte;

4) gli ECM, essendo liberi ovvero, si vincolati nella loro acquisizione in crediti triennali, ma liberi con riguardo alle materie scientifiche affrontate, non obbligano il sanitario a frequentare i corsi previsti dal piano formativo aziendale (nella misura di 24 ore annue), ma il sanitario è libero di aggiungere alle 24 ore ulteriori corsi ECM (nel limite di 8 giorni l’anno) oppure di frequentare esclusivamente i corsi facoltativi nella misura di 8 giorni all’anno sempre che raggiunga poi i crediti richiesti (questa è una valutazione ad personam sul quale l’azienda non ha titolo di interferenza).


Il nuovo C.C.N.L. sembrerebbe aver limitato la partecipazione dei corsi interni nel limite di 24 ore, anche se la norma incoraggia i corsi FAD (più impegnativi ma maggiormente proficui in crediti), così da fornire una maggior certezza partecipativa equamente distribuita. Si auspica che l’ARAN non emetta pareri in peius sulla questione, interpretando in maniera restrittiva la libertà della scelta formativa che anche i precedenti contratti intendevano assicurare. Fatto sta è che il nuovo C.C.N.L. ha abrogato totalmente il precedente art. 67 riscrivendo ex novo l’intero istituto.

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