Chi ci segue si sarà chiesto che fine abbia fatto la nostra diffida sulla pulizia delle salme che l’ospedale Sette Laghi aveva imposto agli infermieri. Le argomentazioni articolate nella nostra lettera erano impeccabili, soprattutto alla luce della giurisprudenza che si è espressa in materia di demansionamento infermieristico e altra analogica.
Cosa ci aspettavamo dall’OPI coinvolto nella vicenda? Esattamente quello che è successo e cioè che avrebbe preso le difese degli OSS e avrebbe addebitato agli infermieri ogni mansione elementare ed esecutiva che ha relazione con le pulizie.
E difatti quanto ci aspettavamo non si è fatto attendere e con precisione cronometrica, l’OPI di Varese, del tutto in opposizione al diritto oramai consolidato, alla legge, alla giurisprudenza della Corte Suprema di Cassazione, sfruttando a sproposito termini che oggi risuonano con elevato tenore umanitario (dignità della persona, ecc.), ha scaricato la pulizia delle salme agli infermieri.
Gli scienziati del “nulla” affermano che lavare la salma è un “ultimo gesto assistenziale finalizzato ad uno degli aspetti più alti della professione, dare dignità alla persona e alla presa in carico dei bisogni della famiglia legati al lutto e all’elaborazione dello stesso”.
Che belle parole, che struggimento, che commozione, e noi sciocchi convinti cultori della professionalità e delle competenze che negli anni ci siamo sbattuti tra una università e l’altra acquisendo dottorati, master, corsi specialistici e quant’altro ci siamo dovuti arrendere alle “sante” parole dal presidente OPI Aurelio Filippini che con il suo fare ci ha “fulminati sulla via di Damasco” riconducendoci sulla retta via.
Noi che eravamo invece convinti che l’assistenza infermieristica fosse indirizzata alla cura e alla promozione della salute della persona, alla prevenzione, all’educazione sanitaria, al benessere dell’ospedalizzato e del paziente domiciliare, alla tecnicità e allo sviluppo di nuove competenze, mai e poi mai ci saremmo aspettati che invece la pulizia della salma, con tutto il rispetto che si deve ad una persona deceduta, fosse il fulcro della professione infermieristica: VERGOGNA!
Come dimenticare poi gli outcome? Come abbiamo potuto farlo? L’anglofonia che i dottori delle scienze infermieristiche infilano dappertutto, pensando che chi li legge si inchini a tanta cultura, non c’entra nulla con la pulizia della salma.
Non ci risulta che la ricerca internazionale infermieristica si occupi di cure igieniche della salma, ma probabilmente ci sbagliamo noi, evidentemente l’OPI di Varese è in possesso di una bibliografia infermieristica “salmesca” di tutto rispetto che ignoriamo. Ma c’è di più.
Secondo l’OPI di Varese (e poi dicono che gli infermieri del SUD sono retrogradi) il D.P.R. n. 384/1990 e l’Accordo Conferenza Stato Regioni 22 settembre 2001, rispettivamente il mansionario dell’OTA e dell’OSS, sono da cancellare perché l’igiene del paziente spetta all’infermiere.
Questi esimi scienziati, smentendo i magistrati, si sono elevati a dittatori della Repubblica Italiana ed hanno sancito nuove norme da applicare agli infermieri, e spazzando via 70 anni di diritto del lavoro, hanno riscritto l’art. 2103 del codice civile e l’art. 52 del D.Lgs. n. 165/2001 a loro favore!
La ciliegina sulla torta però è certamente l’ultima frase riportata in calce alla lettera: i ringraziamenti per la consulenza, già presidente OPI di Belluno, LUIGI PAIS DEI MORI “esperto” forense di “cure igieniche delle salme”, autore di trattati internazionali salmeschi, di articoli scientifici e di monografie sui detergenti più adatti da utilizzare in questi casi, che siano lenitivi o emollienti e rinfrescanti non ci interessa, perché l’importante è trasformare il lavoro del becchino in una scienza universitaria.
In verità è propria questo il fenomeno: riuscire a convincere i laureati infermieri che pulire una salma, come fanno migliaia di becchini nel mondo, sia invece in Italia, e ripeto solo in Italia, una procedura di altissimo livello culturale, tecnologico e scientifico.
“L’esperto” riscrive anche le regole sulle responsabilità, affermando che: “Se la Persona (non si capisce perché persona è scritto con la P maiuscola, forse intendono indottrinarci all’abnegazione per il paziente ricordandoci che è sacro), deceduta è portatrice di presidi critici (drenaggi, cannule, ecc.) e l’OSS si contamina con i liquidi biologici infetti facendo manovre di rimozione non previste normativamente, la responsabilità ricade sul professionista che deve gestire il percorso …”.
CHI SI CONTAMINA DEVE ESSERE RISARCITO DALL’INFERMIERE
Se l’OSS si contamina significa che o è un incompetente ed allora va licenziato, oppure ha subito un infortunio e quindi provvederà l’INAIL a risarcirlo, non certo l’infermiere che è un dipendente subordinato come gli altri.
PULIRE LA SALMA COMPETE AL MINISTRO DELLA SALUTE
L’OPI sta dicendo che la salma la deve pulire l’infermiere perché sa togliere il drenaggio senza contaminarsi. Ed allora perché ci sono casisticamente eventi infortunistici dove l’infermiere si contamina con i drenaggi dei cadaveri?
In questo caso di chi è la responsabilità, del caposala che non ha vigilato? Quindi la pulizia delle salme compete al caposala. Ma se il caposala si contamina a sua volta? Sarà allora responsabile la posizione organizzativa, quindi la pulizia della salma compete alla posizione organizzativa. Ma se si contamina pure lui? Sarà responsabile il dirigente delle professioni sanitarie. Allora la pulizia spetta a questo, ma se si contamina pure lui? Allora spetterà al direttore generale. Ma lui si contaminerà sicuramente, quindi spetta al presidente della regione. E se si contamina? Allora la salma va pulita dal Ministro della Sanità. Quindi, secondo l’OPI di Varese, spetta al Ministro pulire la Salma (salma l’ho scritto con la S maiuscola, per rispetto).
LE MANOVRE DI RIMOZIONE SONO PREVISTE NORMATIVAMENTE
Pago la cena a chi mi fa vedere una norma che stabilisce come si rimuove un drenaggio.
Vi prendono in giro: sono convinti che se l’OPI scrive che c’è una legge su come si rimuove un drenaggio, voi ci credete perché la loro carta intestata è una garanzia.
Poveri voi se non verificate tutto quello che viene scritto e che viene detto.
QUELLO CHE FA L’OSS RICADE SULL’INFERMIERE
Ergo, tanto vale che faccia tutto l’infermiere. Questo terrorismo induce gli infermieri a fare tutto per paura che l’OSS si faccia male o faccia male a qualcuno e mandi in galera l’infermiere. Ma chiedetevi: esiste nel mondo una qualifica retribuita che non ha paura di sbagliare perché paga sempre il suo superiore? No! Infatti l’art. 27 della Costituzione dice che la responsabilità dell’OS è personale e non può rispondere l’infermiere.
Inoltre, cosa che sfugge all’OPI di Varese, lo stesso mansionario dell’OSS stabilisce che: “collabora alla composizione della salma”; con chi collabora? Eventualmente con gli addetti delle pompe funebri che i familiari hanno il diritto di far intervenire.
Lo stesso mansionario afferma: “Conosce le diverse fasi di elaborazione dei progetti di intervento personalizzati”, eppure l’OPI di Varese afferma che solo gli infermieri hanno la responsabilità della gestione del progetto assistenziale.
Quindi, come potete vedere c’è in atto una comune strategia da parte degli OPI di far ricadere sull’infermiere tutte le mansioni che attengono al paziente.
L’A.A.D.I. si dissocia da quanto scritto dall’OPI di Varese perché quanto dichiarato nella lettera è falso, artificioso e danneggia la cultura media, il rispetto del diritto, il senso della legge e della civiltà e induce gli infermieri ad attribuire verità a cose false e i cittadini a credere che gli infermieri siano l’unica espressione del significato assistenziale che il nostro ordinamento sanitario nazionale abbia previsto, dimenticando, offendendo e ledendo i diritti degli altri operatori sanitari e socio-sanitari, così come previsto dal criterio multiprofessionale sancito dalla legge che ha lo scopo di migliorare la qualità assistenziale del cittadino coinvolgendo tutte le figure destinate alle sue cure.
Tale atteggiamento inasprisce il conflitto tra professionisti e ausiliari, mina la serenità assistenziale, danneggia l’utenza creando confusione di ruoli e malpractice, congestiona con ulteriori e improprie mansioni la figura dell’infermiere, aumenta il rischio di straining e patologie da stress correlato e da superlavoro, minaccia quindi la salute degli operatori sanitari.
Inoltre vilipenda la laurea e tanti anni di sacrifici subiti dagli studenti infermieri perché li degrada a semplici pulitori.
Ma la tassa che paghiamo a cosa serve se dobbiamo fare tutto noi? Alle prossime elezioni accertati prima di votare.
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