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Commento a ordinanza infermiera ASL BAT

I giornali, come al solito, hanno amplificato la notizia che ha visto un’infermiera non vaccinata impugnare, inutilmente, il provvedimento di sospensione dal lavoro e dalla retribuzione da parte della A.S.L. BAT per non aver ottemperato all’obbligo vaccinale.



Le ragioni non sono quelle sbandierate dai giornalisti, come invece esalta in prima pagina “La Repubblica” edizione barese: “L’infermiera No Vax resta sospesa non può svolgere altre mansioni. Il Giudice del lavoro di Trani emette una sentenza destinata a fare scuola: non basta la certificazione”.


FALSO, come sempre!


Prima di tutto la sentenza è corretta tranne nella parte che si esporrà e nei limiti che l’avvocato difensore dell’infermiera ha dedotto nei motivi di doglianza.


In verità, i motivi di rigetto che seguono non possono essere contestati:

  1. l’infermiera aveva presentato l’esonero vaccinale non, come stabilisce la normativa mediante idonea certificazione del proprio medico di base o da quello dell’hub vaccinale, ma esclusivamente da un medico specialista che non può esonerare motu proprio, ma solo accertare una determinata patologia rappresentandone l’incompatibilità con la vaccinazione. Sarà poi il medico, come individuato dalla legge, a valutare il parere specialistico e a decidere se procedere o meno con la certificazione di esonero;

  2. secondo lo specialista, l’infermiera avrebbe dovuto sottoporsi a specifici test allergologici, cosa che non ha mai fatto e, quindi, la diagnosi rimaneva incerta e non compiutamente definita come, invece, pretende la normativa;

  3. si duole l’infermiera che l’azienda non le aveva comunicato il provvedimento di sospensione e che ne aveva avuto conoscenza solo a seguito della mancata retribuzione accertata dal proprio cedolino. In verità, l’infermiera era stata assegnata a smart working e per tale attività aveva fornito alla A.S.L. BAT uno specifico domicilio allorché, quando la A.S.L. aveva proceduto a notificarle il provvedimento di sospensione presso l’indirizzo comunicato, aveva ricevuto indietro la busta da lettera per trasferimento del destinatario. In poche parole, l’infermiera, non aveva comunicato alla A.S.L. BAT la modifica del proprio domicilio e perciò, senza colpa, la A.S.L. non aveva potuto comunicarle la sospensione. Tuttavia, il provvedimento di sospensione era stato pubblicato, comunque, nell’albo pretorio aziendale e, quindi, la diligenza comunicativa si poteva ritenere soddisfatta. Si aggiunga, anche, che è obbligo del dipendente comunicare ogni variazione del proprio domicilio.

Dubbi: l’ordinanza stabilisce che durante la malattia si possa procedere alla sospensione perché non si verte in tema disciplinare (se la sanzione è disciplinare può essere irrogata ma non eseguita durante la malattia). Però sussistono diverse altre interpretazioni giurisprudenziali che, invece, ritengono che sia vietato.


Eccezioni: l’infermiera ha lasciato che il giudice, erroneamente, ritenesse apoditticamente efficace il vaccino ai sensi dell’art. 2087 C.C. ovvero che la proteggesse dall’infezione SARS-CoV-2, senza per nulla dimostralo, ma riportandosi semplicemente alle parole della legge. Doveva, invece, sollevare dubbi sulla sua efficacia allegando, per esempio, l’attuale pandemia vaccinale che sta sconvolgendo gli ospedali, ritenuti dalla legge un ambiente superprotetto.

Una cosa è certa: la decisione non farà scuola perché non stabilisce nulla di nuovo.




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