La A.S.L. di La Spezia ha disposto il divieto di entrata al bar interno e alla mensa aziendale per i dipendenti privi di Green Pass.
Invece di impugnare l’obbligo di esibire la certificazione verde COVID-19, l’Associazione Avvocatura Degli Infermieri ha chiesto al direttore generale di erogare il buono pasto di 7 euro a chi non intenda ottenere la carta verde.
Atteso che, ai sensi dell’art. 8, co. 1 del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66 “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”: “Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo” e che la Circolare n. 8 del 03.03.2005 del Ministero del Lavoro ha ribadito il tassativo rispetto del D.Lgs succitato imponendolo anche alle aziende ospedaliere, sancendo l’equivalenza del diritto sia in ambito pubblico che privato; considerato che, la giurisprudenza in materia, ha confermato il diritto imprescindibile al pasto aziendale, come da Cass. Lav., 17 settembre 2013 n. 21196, vertente tra Mauro Di Fresco e l’Università di Roma unitamente all’Azienda Policlinico Umberto I, l’Associazione Avvocatura Degli Infermieri ha insistito sul buono pasto.
Sarà la prima volta, con effetto boomerang, che saranno privilegiati coloro che non possiedono la Green Pass e potranno spendere circa 160 euro al mese di ticket nei locali commerciali convenzionati.
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