Molte aziende ospedaliere, come quella di Bergamo che ha appena perso un ricorso per decreto ingiuntivo contro l’Associazione Avvocatura Degli Infermieri per quasi 9mila euro, impongono agli infermieri di recuperare le ore di lavoro straordinario.
Al pari di Bergamo, anche altre aziende sanitarie italiane esibiscono in giudizio un regolamento sottoscritto da sindacati che, alla luce della legge in materia, inganna i lavoratori perché stabiliscono regole illegali al fine di speculare sul lavoro straordinario svolto.
Questi regolamenti riconoscono in capo all’amministrazione il diritto di imporre il recupero ore a proprio piacimento, senza tenere conto degli interessi del lavoratore e di quanto dispone il contratto di lavoro e, quindi, rifiutano ogni pagamento.
In altri casi, attraverso il recupero, si truffano i colleghi perché non si retribuiscono le maggiorazioni straordinarie.
Il meccanismo della truffa è semplice, ma prima di spiegarlo si devono esaminare le regole base che disciplinano la banca delle ore e capire perché l’Associazione Avvocatura Degli Infermieri ha vinto la prima procedura monitoria per il pagamento degli straordinari nella città di Bergamo.
L’art. 40 del C.C.N.I. Sanità 20 settembre 2001, come confermato dall’art. 31 del C.C.N.L. Comparto sanità 2016-2018, ha istituito la banca delle ore per i seguenti motivi: “al fine di mettere i lavoratori in grado di fruire delle prestazioni di lavoro straordinario o supplementare, in modo retribuito o come permessi compensativi, con un conto individuale per ciascun lavoratore”.
Dal primo comma qui citato nasce la prima deduzione logica in materia di banca delle ore, ovvero che la banca delle ore non è un privilegio concesso dall’amministrazione perché gestisca liberamente i permessi compensativi, ma un istituto contrattuale che ha forza di legge tra le parti (art. 1372 C.C.) e che costituisce una pretesa da parte degli infermieri e delle ostetriche alla libertà di decidere se recuperare o farsi pagare le ore accreditate.
Dalla deduzione appena postulata, si comprende, allora, che quanto riportato sul cedolino (busta paga) nella sezione dedicata alla banca delle ore, ha natura confessoria e può essere utilizzata in giudizio al fine di accertare il quantum delle ore maturate – Cass. Lav., 30 gennaio 2017 n. 2239.
In poche parole, la busta paga che riporta la quantità delle ore di straordinario maturato e che proviene dalla stessa parte contro la quale viene opposto, fa fede in giudizio con valore documentale probatorio, fino a prova contraria, perché non si può disconoscere un documento prodotto e fondato su una norma pattizia (C.C.N.L.) a meno che non si dimostri l’errore di conteggio (calcolo e attribuzione) o di assegnazione (ore di altro collega erroneamente caricate sul cedolino) o l’errore vizio che cade sulla dichiarazione (errore di trascrizione).
Il comma 2 precisa che nel conto ore confluiscono, su richiesta del lavoratore, le ore di prestazione di lavoro straordinario o supplementare, debitamente autorizzate e che queste ore possono essere utilizzate, ai fini dei permessi compensativi, entro l’anno successivo a quello di maturazione.
Quindi, le ore di straordinario maturate nell’anno 2020, possono essere recuperate fino a tutto il 2021.
Il fatto che il comma 2 stabilisca una prorogatio delle ore lavorate in straordinario o in supplementare (le ore supplementari sono quelle lavorate in regime di part-time, ma entro le 36 ore settimanali, successivamente a tale limite le ore diventano straordinarie), dimostra che non è il datore di lavoro a gestire autonomamente la banca delle ore.
Se il lavoratore vuole liquidare tutta la banca delle ore, deve chiederne il pagamento entro il 15 novembre dell’anno in corso.
Anche l’ultima parte del comma 2 dimostra quanto postulato dall’Associazione Avvocatura Degli Infermieri nell’argomentazione prospettata al tribunale e cioè che il lavoratore può imporre il pagamento della banca delle ore e ciò impedisce all’amministrazione di consumare, con i permessi compensativi, un evidente diritto di credito che, il comma 2, lascia nella completa autonomia del lavoratore.
Infatti, ciò che precisa il comma 3 è lapidario: “Le ore accantonate possono essere richieste da ciascun lavoratore o in retribuzione o come permessi compensativi”.
Il comma 3, quindi, lascia al lavoratore la facoltà indiscussa di scegliere o il denaro o il riposo cadente in un giorno lavorativo.
Però, il comma in questione, precisa che le maggiorazioni previste per il lavoro straordinario, di cui all’art. 34, comma 8 del CCNL 7 aprile 1999, devono essere pagate il mese successivo.
L’art. 34 citato, stabilisce che la maggiorazione per l’orario straordinario è del 15% rispetto alla tariffa oraria ordinaria se lo straordinario è effettuato nel periodo feriale diurno dalle ore 6 alle ore 22; del 30% se lo straordinario è effettuato nel periodo notturno (dalle ore 22 alle ore 6) o festivo diurno ( dalle ore 6 alle ore 22) ed è del 50% se lo straordinario è effettuato nel periodo notturno-festivo (cioè nel periodo che va dalle ore 22 alle ore 6 e che copre un giorno festivo).
Difatti, per straordinario notturno/festivo si intende quello maggiorato al 30%, mentre quello maggiorato al 50% è definito come straordinario notturno-festivo (si noti la differenza tra / e -).
Per concludere i primi tre commi della norma succitata, si può affermare con chiarezza e senza alcun dubbio che:
è il lavoratore che decide se utilizzare la banca delle ore (se non vuole la banca delle ore cosa succede? Lo si vedrà appresso);
è il lavoratore che decide se trasformare in riposi o denaro le ore accreditate nella banca delle ore e lo può fare quando vuole, in quanto solo se intende liquidare tutta la banca delle ore, lo deve fare entro il 15 novembre dell’anno in corso;
nella banca delle ore vanno registrare le ore di straordinario/supplementari maturate, ma se si chiede di pagarle, queste devono essere pagate come orario ordinario ovvero senza le maggiorazioni previste per il lavoro straordinario.
Perché devono essere pagate come tariffa ordinaria? Perché il comma 3 stabilisce che tutte le maggiorazioni del lavoro straordinario/supplementare devono essere pagate nella busta paga del mese successivo a quello effettuato;
se il lavoratore decide di recuperare, per ogni ora registrata nella banca delle ore potrà godere di un’ora di riposo.
Il dilemma giuridico che si evidenziava con il recupero, riguardava la conversione sinallagmatica tra il valore dello straordinario e il valore dell’ordinario, ovvero la differenza tra (es.) 15 euro e 10 euro.
In pratica, il lavoratore spendeva 15 euro dalla banca delle ore, per un riposo che valeva solo 10 euro (il riposo compensativo è definito e gestito per il trattamento economico come le ferie) e, quindi, per ogni ora di riposo avrebbe invece dovuto fruire di un’ora e mezza, secondo l’equivalenza: 15/1,5 ore:10/1 ora.
La questione è stata dibattuta stabilendo il pagamento delle maggiorazioni retributive direttamente sulla busta paga del mese successivo a quelle svolte, separatamente dalla banca delle ore.
Per questo motivo, nella banca delle ore, non vanno accreditate le tariffe straordinarie, cioè le ore inclusive delle maggiorazioni sopraindicate, ma esclusivamente le ore base, perché le maggiorazioni devono sempre essere retribuite il mese successivo a quello lavorato e ciò consente di trasformare le ore straordinarie in riposi senza operare una conversione matematica, con l’equazione appena rappresentata.
Facciamo un esempio: la tariffa oraria dell’infermiera associata all’AADI che ha vinto il ricorso è di 14,49 euro/ora.
Se aggiungiamo la maggiorazione ordinaria (15%) dello straordinario, la tariffa oraria sale a 16,66 euro/ora.
Quale tariffa si deve applicare alle ore registrate nella banca delle ore?
Secondo il co. 3 dell’art. 40 succitato, il valore da attribuire, nel caso in cui si chiedesse il pagamento, è quello ordinario e cioè 14,49 euro per ogni ora, perché la differenza tra la tariffa straordinaria e quella ordinaria (ovvero la sola maggiorazione) che nel caso in esempio è di 2,17 euro, deve essere pagato automaticamente nella busta paga del mese successivo.
Quanti ospedali rispettano questa legge? Lascio a voi lettori la risposta.
In questo modo, quando si recuperano le ore della banca, si evita una ingiusta locupletazione che la legge vieta perché quelle ore accreditate in banca, essendo ordinarie, saranno godute in permesso compensativo nei giorni feriali (cioè ordinari), evitando che l’amministrazione scambi ore di maggior valore (straordinarie) con permessi ordinari, in ossequio al principio sinallagmatico del rapporto di lavoro (nessuno deve ricevere vantaggi superiori a quella raggiunti dalla controparte).
Ma se la mia azienda mi ha fatto recuperare le ore senza versarmi le maggiorazioni straordinarie?
In questo caso la tua azienda ha trattenuto del denaro che tu hai lavorato e puoi chiederne la restituzione retroattivamente per 5 anni a partire dalla ricezione della diffida ad adempiere per ingiusta locupletazione e indebito oggettivo, fatta salva ogni azione penale per i fatti di reato che, appaiono, prime face, dolosi.
L’Associazione Avvocatura Degli Infermieri ha già preparato una idonea modulistica per chiedere il rimborso di quanto sottratto.
Quindi, gli odierni ricorsi (rectius: i conteggi che fanno parte integrante dei ricorsi) destinati a farsi pagare le ore maturate nella banca delle ore, devono rispettare la normativa surrichiamata e tenere conto del valore ordinario e non straordinario dell’unità oraria di credito.
E se la mia azienda non mi ha versato le maggiorazioni a parte?
In questo caso, i conteggi, devono indicare il valore maggiorato delle ore maturate nella banca, esponendo, nel ricorso, il vizio nel quale è caduta controparte (l’ospedale o la casa di cura, ecc. – nel privato si accerti sempre la disciplina dell’istituto nel C.C.N.L. di riferimento).
Il comma 4 stabilisce che l’azienda rende possibile l’utilizzo delle ore come riposi compensativi tenendo conto delle esigenze tecniche, organizzative e di servizio, con riferimento ai tempi, alla durata ed al numero dei lavoratori contemporaneamente ammessi alla fruizione.
L’eventuale differimento è concordato tra il responsabile della struttura ed il dipendente. Il comma 4 dimostra che le ore accumulate nella banca delle ore devono essere pagate perché, il loro recupero in riposi o permessi compensativi, deve avvenire in modo da non recare nocumento all’assistenza.
Ciò dimostra che il recupero è un istituto derogatorio ed eccezionale al pagamento delle ore, perché, a differenza del semplice versamento di denaro, comporta una valutazione delle conseguenze che l’assenza del lavoratore potrebbe riverberare sull’attività assistenziale.
Pertanto, in linea con il comma 4, è il lavoratore che può chiedere il recupero e l’azienda può anche non concederlo subito, per problemi organizzativi, ovvero può differirlo ad altro momento.
Quando?
La parte finale del comma 4 afferma: “Il differimento è concordato tra il responsabile della struttura ed il dipendente”.
Al pari delle ferie, il periodo di riposo non può essere imposto al lavoratore e, quindi, se non si trova un accordo, la questione si può risolvere in soli due modi:
si rinuncia al recupero e si attende un altro momento favorevole per chiedere di recuperare;
si chiede il pagamento delle ore che si volevano recuperare.
Interessante, ma il particolare sfugge a molte aziende e sindacati, il comma 4 utilizza una nuova locuzione sulla modalità di frizione del recupero: “riposo compensativo”.
Finora l’art. 40 permetteva la fruizione in “permessi” cioè in ore non superiori alla metà del turno lavorativo, al pari dell’istituto contrattuale dei permessi.
Invece, il comma 4, introduce la possibilità di trasformare le ore maturate nella banca in “riposi” giornalieri che coprono tutto il turno, parificandole alle ferie (c.d. ferie aggiuntive).
Il comma 5, incentiva le aziende sanitarie a favorirne l’utilizzazione (cioè ad evitare massicci accantonamenti che poi si traducono in lunghe assenze che impegnano l’amministrazione e gli altri colleghi e causano disservizi).
Inoltre, nel rispetto dello spirito della norma, possono essere eventualmente individuate finalità e modalità aggiuntive, anche collettive, per l’utilizzo dei riposi accantonati.
Ciò non autorizza l’amministrazione a redigere regolamenti, unitamente ai sindacati, per vanificare lo scopo della banca delle ore che, rimane, un utile strumento messo a disposizione dei lavoratori.
Infatti, il comma conclude prevedendo che l’azienda fornisca l’informazione sindacale come stabilito dall’art. 9, comma 2 del CCNL 7 aprile 1999.
Il fatto che non si preveda la concertazione, impedisce ai sindacati di contrattare le modalità di applicazione della banca delle ore che, si ripete, è regolata esclusivamente dall’art. 40 del C.C.N.I. Sanità 20 settembre 2001, come confermato dall’art. 31 del C.C.N.L. Comparto sanità 2016-2018 e non dai sindacati o dal datore di lavoro!
Se il lavoratore non aderisce alla banca delle ore?
Il comma 7 stabilisce che, in questo caso, rimane fermo quanto previsto dall’art. 34, comma 6 del C.C.N.L .del 7 aprile 1999.
Quindi?
I lavoratori che non abbiano aderito alla banca delle ore, hanno diritto al pagamento dello straordinario nella busta paga successiva alla sua maturazione, ma, comunicandolo all’ufficio del personale, possono optare per i relativi riposi o permessi compensativi, sempre compatibilmente con le esigenze di servizio, entro il termine massimo di 4 mesi dal mese di maturazione (il periodo di 3 mesi di cui al comma 7 dell’art. 40 C.C.N.L. 2001 è stato aumentato di un mese dall’art. 31, comma 6 del C.C.N.L. 2016-2018).
Ricordando che le prestazioni di lavoro straordinario sono rivolte a fronteggiare situazioni di lavoro eccezionali e, pertanto, non possono essere utilizzate come fattore ordinario di programmazione del tempo di lavoro e di copertura dell’orario di lavoro e che la prestazione di lavoro straordinario deve essere espressamente autorizzata dal dirigente o del responsabile, sulla base delle esigenze organizzative e di servizio individuate dalle Aziende ed Enti, rimanendo esclusa ogni forma generalizzata di autorizzazione, siamo convinti che questa monografia sarà utile a molti colleghi e che solo l’Associazione Avvocatura Degli Infermieri informa compiutamente gli infermieri e le ostetriche dei propri diritti.
L’Associazione Avvocatura Degli Infermieri non è gelosa delle proprie conoscenze e le condivide, anche se, come è già avvenuto, alcuni sindacati utilizzeranno queste informazioni per proporre cause al fine di vantarsene come farina del proprio sacco.
Del resto, le scimmie sono ottime imitatrici.
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