Il lavoro agile (smart working) è una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato o dirigenziale, introdotta al fine di ridurre la presenza dei lavoratori presso il posto di lavoro e di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro.
La prestazione lavorativa può essere svolta esclusivamente dalla propria abitazione (lavoro agile pieno) oppure calendarizzata (lavoro agile parziale) ovvero in parte all’interno dei locali aziendali e in parte presso la propria abitazione e, comunque, non è soggetta a vincoli orari (cioè non si accerta l’inizio o la fine dell’attività lavorativa mediante un sistema di controllo), ma sarà il dipendente ad iniziare ed interrompere l’attività lavorativa secondo lo stesso orario che svolgerebbe in presenza, (rispettando gli artt. 2104 e 2105 C.C. sulla responsabilità disciplinare nonché il Codice disciplinare stesso e l’art. 3 del D.P.R. 16 aprile 2013 n. 62).
Il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa e vige la stessa tutela prevista in caso di infortuni e malattie professionali nei luoghi di lavoro soprattutto nel tragitto tra l’abitazione ed il luogo prescelto per svolgere la propria attività, nel caso in cui il lavoro verrà effettuato in un posto diverso dalla propria abitazione (infortunio in itinere), come stabilisce la Circolare INAIL n. 48/2017.
Il lavoro agile, in verità, non era stato previsto assolutamente per i rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.
Infatti, la disciplina di riferimento per il lavoro agile è la Legge 22 maggio 2017 n. 81 (da ultimo modificata dalla Legge 4 agosto 2022, n. 122) e, precisamente, gli artt. 18-23 ed è stata scritta esclusivamente per i lavoratori autonomi non imprenditoriali e non per i lavoratori subordinati e nemmeno per i dirigenti e né tanto meno per i dipendenti della P.A., ma a causa dell’emergenza Covid-19, il legislatore ha novellato alcune parti di questa legge per estenderla anche a loro trasformandola nel T.U. per il lavoro agile.
Esaminiamo le norme che interessano e si applicano anche ai dipendenti della Sanità.
Art. 18: Il lavoro agile del dipendente subordinato (dipendente del Comparto Sanità) si può attivare solo se vi è un accordo scritto tra il lavoratore e l’azienda datrice di lavoro; quindi, è l’azienda che offre il lavoro agile mediante una deliberazione ricognitiva (pubblicata nell’albo pretorio dell’azienda) che consiste, in pratica, nel mettere a disposizione una modulistica che, la tipologia di dipendenti individuata in delibera, possono compilare e inviare all’azienda, per poi verificare se il dipendente possa o meno essere adibito a lavoro agile e se vi è interesse aziendale alla sua prestazione. Ulteriori Circolari ministeriali vietano il lavoro agile a chi svolge particolari attività necessariamente praticabili in presenza (turnisti, infermieri in assistenza, medici non amministrativi, fisioterapisti, logopedisti, ecc.), ma se un dipendente di questo tipo compilasse la domanda, si vedrà semplicemente rifiutare la richiesta senza subire alcun provvedimento punitivo a seguito di questo tentativo. Qualunque misura adottata in violazione di questa tutela è da considerarsi ritorsiva o discriminatoria e, pertanto, nulla. L’accordo sottoscritto può essere solo di tipo parziale e non pieno cioè si deve per forza lavorare anche in presenza, ma il D.P.C.M. 19 ottobre 2020 ha previsto una deroga per il dipendente pubblico che potrà svolgere il lavoro agile in modalità piena ove possibile. L’accordo deve contenere la modalità di esecuzione del lavoro (turnazione piena o parziale) e indicare quali strumenti tecnologici verranno utilizzati per lo svolgimento dell’attività lavorativa e la dichiarazione che il datore di lavoro è responsabile della sicurezza e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Il comma 3-bis (norma introdotta ex novo), dispone che l’azienda deve garantire la priorità alle richieste di lavoro agile a:
lavoratori con figli fino a dodici anni di età;
lavoratori con figli in condizioni di disabilità grave ai sensi della legge n. 104/92 (attenzione, la norma prevede solo i figli disabili e non il coniuge o altri familiari conviventi);
lavoratori con disabilità grave ai sensi della legge n. 104/92.
Per garantire la parità di genere sul posto di lavoro (art. 46-bis del D.Lgs. 11 aprile 2006 n. 198) l’azienda sanitaria è obbligata ad accogliere le domande di lavoro agile senza distinzione tra uomo e donna, anzi si dovrà mantenere un livello pressoché paritario nell’accoglimento delle domande.
Art. 19: L’accordo sul lavoro agile deve essere stipulato (ad substantiam) per iscritto altrimenti è nullo. Il D.M. n. 149 del 22 agosto 2022 e i relativi allegati, ha disposto che l’accordo per il lavoro agile ha una scadenza di 5 anni per cui, al termine, va rinnovato.
L’accordo può essere a termine (cioè per un determinato periodo di tempo) o a tempo indeterminato (cioè fino a quando uno dei due disdice l’accordo almeno con un preavviso di trenta giorni). L’azienda sanitaria deve dare un preavviso di almeno novanta giorni se il lavoratore è disabile, ai sensi dell’art. 1, legge 12 marzo 1999 n. 68, ovvero affetto da minorazioni fisiche, psichiche o sensoriali o con handicap intellettivo, che comportino una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45 per cento, oppure con un grado di invalidità superiore al 33 per cento per infortuni sul lavoro e le malattie professionali INAIL, oppure non vedente o sordomuto, invalido di guerra o invalido civile di guerra per servizio con minorazioni ascritte dalla prima all’ottava categoria di cui alle tabelle annesse al T.U. delle norme in materia di pensioni di guerra. Si aggiungono alla lista anche i portatori di handicap ex art. 3, co. 3, legge n. 104/92 come da nota iscritta in calce all’articolo. Solo in caso di giustificati motivi il preavviso non è obbligatorio per nessuno dei due contraenti.
Art. 20: Il lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello previsto dal C.C.N.L..
Art. 21: L’accordo per il lavoro agile deve anche riportare il codice disciplinare ulteriormente integrato dall’azienda per sanzionare determinati comportamenti che possono verificarsi per il lavoro agile. Continua ad applicarsi l’art. 4 della legge 20 maggio 1070 n. 300 (Statuto Lavoratori) sul divieto del controllo a distanza sulle attività svolte dal lavoratore (videocamera).
Art. 22: Il datore di lavoro deve garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro. Il lavoratore è obbligato a cooperare con l’azienda per garantire la sua sicurezza e la sua salute.
Art. 23: Il lavoratore in modalità agile ha diritto alla tutela INAIL per quanto gli possa accadere nella propria abitazione in connessione alla mansione svolta (sinistri violenti, riduzione del visus per l’uso irregolare del videoterminale, tunnel carpale per l’uso del mouse, patologie vertebrali per la postura obbligata, ecc.).
Secondo il mio parere, il datore deve intervenire, ex art. 2087 C.C., per prevenire le comuni tecnopatie legate all’attività in modalità agile, soprattutto perché nessuna deroga è stata prevista per ridurre l’attività lavorativa in smart working al di sotto delle 13 ore se non le pause di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 81/2008 (10 minuti ogni 6 ore e 30 minuti per la pausa pranzo) e perciò è anche possibile effettuare lavoro straordinario nel massimo consentito dalla contrattazione.
Per consolidata giurisprudenza, non è dovuto il buono pasto in modalità agile.
Il D.L. 19 maggio 2020 n. 34 (conv. in L. n. 77/2020), all’art. 263, ribadisce la necessità che la P.A. organizzi il lavoro dei propri dipendenti in maniera agile e flessibile con una articolazione giornaliera o settimanale non in presenza con l’utenza.
È vero che la norma si inserisce nel contesto epidemiologico da Covid-19, ma l’art. 263 viene ripetutamente ripreso da tutte le Circolari e DD.MM. della Funzione Pubblica per prorogare l’utilizzo del lavoro agile anche oltre il termine emergenziale, come vedremo appresso.
I lavoratori fragili
In base alla Legge di Bilancio 2023 (art. 1, comma 306, Legge 29 dicembre 2022, n. 197), fino al 31 marzo 2023, per i cosiddetti lavoratori fragili, il datore di lavoro assicura lo svolgimento della prestazione lavorativa in smart working anche attraverso l’adibizione a diversa mansione compresa nella medesima categoria o area di inquadramento, come definite dai contratti collettivi di lavoro vigenti, senza alcuna decurtazione della retribuzione in godimento, ferma restando l’applicazione delle disposizioni dei relativi contratti collettivi nazionali di lavoro, ove più favorevoli.
Si tratta di un obbligo che il datore deve ottemperare.
I soggetti fragili, anche se non vaccinati, hanno diritto al lavoro agile; la fragilità si rileva da determinate patologie elencate dal D.M. Salute 4 febbraio 2022, in base all’art. 17, co. 2 del D.L. 24 dicembre 2021 n. 221 (conv. con mod. in L. 18 febbraio 2022 n. 11) come seguono:
pazienti con marcata compromissione della risposta Immunitaria ovvero trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva; trapianto di cellule staminali ematopoietiche (entro due anni dal trapianto o in terapia immunosoppressiva per malattia del trapianto contro l’ospite cronica); attesa di trapianto d’organo; terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico Antigenico (cellule CAR-T);
patologia oncologica o onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi o a meno di sei mesi dalla sospensione delle cure;
immunodeficienze primitive (es. sindrome di DiGeorge, sindrome di Wiskott-Aldrich, immunodeficienza comune variabile etc.);
immunodeficienze secondarie a trattamento farmacologico (es: terapia corticosteroidea ad alto dosaggio protratta nel tempo, farmaci immunosoppressori, farmaci biologici con rilevante impatto sulla funzionalità del sistema immunitario etc.);
dialisi e insufficienza renale cronica grave;
pregressa splenectomia;
sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) con conta dei linfociti T CD4+ < 200cellule/µl o sulla base di giudizio clinico;
pazienti che presentino tre o più delle seguenti condizioni patologiche: cardiopatia ischemica; fibrillazione atriale; scompenso cardiaco; ictus; diabete mellito; bronco-pneumopatia ostruttiva cronica; epatite cronica e obesità;
pazienti che sono stati esentati dalla vaccinazione e che presentano almeno una delle seguenti condizioni, come previsto dall’allegato 2 della Circolare della Direzione generale della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute n. 45886 dell’8 ottobre 2021:
più di 60 anni;
fibrosi polmonare idiopatica;
malattie respiratorie che necessitino di ossigenoterapia;
scompenso cardiaco in classe avanzata (III – IV NYHA);
post-shock cardiogeno;
sclerosi laterale amiotrofica e altre malattie del motoneurone;
sclerosi multipla;
distrofia muscolare;
paralisi cerebrali infantili;
miastenia gravis;
patologie neurologiche disimmuni;
diabete e altre endocrinopatie severe;
diabete di tipo 1;
diabete di tipo 2 in terapia con almeno 2 farmaci per il diabete o con complicanze;
morbo di Addison;
panipopituitarismo;
cirrosi epatica;
evento ischemico-emorragico cerebrale con compromissione dell’autonomia neurologica e cognitiva;
stroke nel 2020/2021;
stroke antecedente al 2020 con ranking ≥ 3;
talassemia major;
anemia a cellule falciformi;
altre anemie gravi;
fibrosi cistica;
sindrome di Down;
grave obesità (BMI >35);
disabilità (fisica, sensoriale, intellettiva e psichica);
disabilità grave ex art. 3, co. 3, legge n. 104/1992.
A questo elenco si deve aggiungere anche chi fa terapia salvavita (art. 2, DPCM 19 ottobre 2020).
La situazione di fragilità è certificata dal medico di medicina generale (di famiglia).
La documentazione medica comprovante la specifica patologia e che deve essere comunicata all’azienda per dimostrare la condizione di fragilità, rimane sempre sottoposta al diritto di oscuramento ai sensi dell’art. 5 della legge 20 maggio 1970 n. 300 nonché dell’art. 88 del GDPR per il trattamento dei dati sensibili nel posto di lavoro.
Il POLA
Il POLA (Piano Organizzativo per il Lavoro Agile) è il sistema utilizzato dall’azienda per pianificare ed attuare il lavoro agile ed è obbligatorio.
Entro il 31 gennaio di ciascun anno, le aziende devono redigere il POLA per migliorare le risorse strumentali e l’organizzazione aziendale al fine di incentivare il lavoro agile che deve coinvolgere, in maniera stabile, almeno il 15% dei dipendenti, garantendo a questi il riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.
Presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri è istituito l’Osservatorio nazionale del lavoro agile nelle amministrazioni pubbliche così da monitorare l’avanzamento degli sforzi aziendali per raggiungere migliori obiettivi sul lavoro agile (art. 14, co. 1, legge 7 agosto 2015 n. 124).
La Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 1° giugno 2017 n. 3 ha introdotto le Linee guida in materia di lavoro agile nella P.A., del resto sostenute anche dalla Risoluzione del Parlamento europeo del 13 settembre 2016, così stabilendo per ogni azienda sanitaria:
adottare misure specifiche volte a favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, attraverso un’organizzazione del lavoro non più necessariamente incentrata sulla presenza fisica ma su risultati obiettivamente misurabili e sulla performance;
attuare la disciplina in materia, attribuendo criteri di priorità per la fruizione delle relative misure, compatibilmente con l’organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore di coloro che si trovano in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei/delle dipendenti impegnati/e in attività di volontariato;
individuare, ove necessario, tramite apposito atto di ricognizione interna, le attività che non sono compatibili con lo smart working, tenendo sempre presente l’obiettivo di garantire un livello di impegno almeno del 15%;
individuare obiettivi prestazionali specifici, misurabili, coerenti e compatibili con il contesto organizzativo, che permettano da un lato di responsabilizzare il personale rispetto alla mission istituzionale dell’amministrazione, dall’altro di valutare e valorizzare la prestazione lavorativa in termini di performance e di risultati effettivamente raggiunti;
promuovere, anche attraverso la Scuola Nazionale di Amministrazione, percorsi di formazione mirati ai dirigenti per una maggior diffusione del ricorso a modalità di lavoro agile non solo per agevolare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro ma anche per incrementare la produttività e modelli organizzativi più competitivi;
riprogettare lo spazio fisico e virtuale di lavoro, attraverso la riorganizzazione e razionalizzazione dei luoghi di lavoro, anche mediante la creazione di spazi condivisi;
promuovere e diffondere l’uso delle tecnologie digitali a supporto della prestazione lavorativa, per il consolidamento di una struttura amministrativa basata sulle reti informatiche tecnologicamente avanzate, anche attraverso applicazioni gestionali e di project management accessibili da remoto.
Come deve procedere l’azienda:
creazione di un gruppo di lavoro interno, senza oneri aggiuntivi, composto da membri dell’amministrazione con esperienza in materia che supportino l’amministrazione nell’avvio della sperimentazione e nella fase di valutazione e monitoraggio;
analisi dell’amministrazione in termini di caratteristiche di macrostruttura organizzativa (Dipartimenti, Settori, Uffici ecc.) e mappatura delle attività e dei processi, inizialmente riferiti alle strutture presso le quali si intende avviare la sperimentazione. Quello che va osservato oltre all’organigramma formale è anche l’organizzazione reale, le modalità di lavoro che si stabiliscono all’interno dei gruppi, le subculture (ad esempio le consuetudini agli orari e ai ritmi di lavoro, la presenza di gruppi informali, ecc.);
analisi e mappatura del personale e rilevazione dei bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori. Si tratta di realizzare una vera e propria analisi quantitativa del personale con la quale si tracci una fotografia dell’amministrazione, integrata di aspetti qualitativi, legati ai carichi di cura familiare e ai ritmi di vita e di lavoro dei lavoratori congeniali all’attivazione di un percorso di flessibilità. Tutti sono potenzialmente destinatari dell’intervento, ma devono privilegiarsi alcune categorie che meglio potrebbero attuare lo smart working. Le attività dovrebbero essere messe in relazione con le unità organizzative a cui fanno capo;
pubblicata la delibera o la determina con la quale si offre il lavoro agile, la richiesta dovrebbe essere su base volontaria alla quale dovrebbe seguire un’autorizzazione e l’accordo individuale scritto. Il documento dovrebbe disciplinare anche i casi di recesso delle parti. L’azienda dovrebbe anche verificare gli spazi (l’abitazione) e la dotazione tecnologica già in possesso del richiedente per ridurre l’impegno strumentale aziendale, attraverso una idonea intervista (modulo da compilare e inviare);
l’amministrazione dovrebbe incentivare il desk sharing, cioè la possibilità di condividere una postazione di lavoro e più in generale la creazione di spazi di lavoro condivisi. È necessario che le amministrazioni, nel rispetto della disciplina normativa e contrattuale vigente, adottino un atto interno, secondo i rispettivi ordinamenti, in materia di lavoro agile che tratti gli aspetti di tipo organizzativo e i profili attinenti al rapporto di lavoro tra i quali l’indicazione dei criteri di accesso al lavoro agile e delle categorie di personale a cui è attribuito un titolo di precedenza nel ricorso a tale modalità di lavoro (rispettando quanto già indicato nelle fonti normative), la fissazione delle modalità di esercizio della prestazione lavorativa con l’indicazione dei giorni/periodi in cui è possibile ricorrere allo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità di lavoro agile; l’eventuale prestazione di lavoro straordinario, turno notturno e festivo che determinino maggiorazioni retributive, individuazione della disciplina in materia di formazione, informazione, assicurazione e diritti sindacali del dipendente; regole per il controllo di gestione e al sistema di misurazione e valutazione della performance.
Centrale è, pertanto, il ruolo del dirigente cui è affidata la gestione del personale che svolge la prestazione con modalità di lavoro agile, che deve individuare le attività da svolgere definendo per ciascuna lavoratrice o ciascun lavoratore le priorità.
Il co-working
Il co-working si definisce come una modalità di svolgimento della prestazione lavorativa e di organizzazione delle risorse umane e strumentali basata sulla condivisione dell’ambiente di lavoro ed eventualmente delle postazioni informatiche da parte di lavoratori e lavoratrici dipendenti da diversi datori di lavoro, ovvero dipendenti dallo stesso datore di lavoro ma assegnati a diverse articolazioni territoriali.
La condivisione del luogo di lavoro, in particolare nell’ambito della pubblica amministrazione, da un lato realizza l’obiettivo della razionalizzazione e riorganizzazione degli spazi, con evidenti risparmi di spesa, dall’altro permette di garantire esigenze di conciliazione.
Lo sviluppo del co-working permette la creazione di centri polifunzionali per l’erogazione di servizi pubblici.
Si pensi ad una pluralità di amministrazioni che condividono spazi e, nell’ambito di questi, erogano servizi pubblici diversi, o al caso di amministrazioni con una pluralità di sedi territoriali che permettano ai dipendenti, per alcuni giorni a settimana, di svolgere la propria prestazione lavorativa in una sede della propria amministrazione diversa da quella di assegnazione.
Il CCNL Comparto Sanità 2019-2021
Il Capo I del C.C.N.L. Comparto Sanità intitolato “Lavoro agile” è dedicato esclusivamente a tale modalità di lavoro ed è regolato dagli artt. 76-80.
Ricordando la fonte del lavoro agile nella legge n. 81/2017, ora applicabile anche ai dipendenti sanitari e non più ai soli autonomi, si stabilisce il principio che il lavoro agile è individuato dalle Aziende che possono attuarlo, sussistendo i necessari requisiti organizzativi e tecnologici per operare con tale modalità. Lo scopo è duplice: conseguire il miglioramento dei servizi pubblici e l’innovazione organizzativa e favorire i dipendenti nei loro tempi di vita e di lavoro.
Il lavoro agile consente di svolgere la stessa attività lavorativa praticata in sede, mediante un accordo sottoscritto tra le parti, organizzando il lavoro per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro.
Il lavoro agile applicato ai dipendenti della sanità è di tipo parziale e non pieno.
La scelta del luogo in cui svolgere l’attività lavorativa (di solito la propria abitazione) deve comunque garantire la sussistenza delle condizioni minime di tutela della salute e sicurezza del lavoratore nonché la piena operatività della dotazione informatica e ad adottare tutte le precauzioni e le misure necessarie e idonee a garantire la più assoluta riservatezza sui dati e sulle informazioni in possesso dell’Ente che vengono trattate dal lavoratore stesso. A tal fine, l’Azienda o Ente consegna al lavoratore una specifica informativa in materia.
Lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità agile non modifica la natura del rapporto di lavoro in atto e il dipendente conserva i medesimi diritti e gli obblighi nascenti dal rapporto di lavoro in presenza, ivi incluso il diritto ad un trattamento economico non inferiore a quello complessivamente applicato nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime attribuzioni esclusivamente all’interno dell’Azienda.
Sono garantite anche il diritto alla carriera, alle progressioni economiche, alla incentivazione della performance e alle iniziative formative previste per tutti i dipendenti.,
L’adesione al lavoro agile ha natura consensuale e volontaria ed è consentito a tutti i lavoratori, a tempo pieno o parziale e indipendentemente dal fatto che siano stati assunti con contratto a tempo indeterminato o determinato, che possiedano determinati requisiti tranne coloro che lavorano in turno e quelli che richiedono l’utilizzo di strumentazioni o documentazioni che non possono essere utilizzati fuori dall’Azienda.
Il lavoro agile si attua mediante un accordo individuale stipulato per iscritto ai fini della regolarità amministrativa e della prova e deve contenere, in ossequio agli artt. 19 e 21 della legge n. 81/2017, la chiara esecuzione della prestazione lavorativa, le forme di esercizio del potere direttivo del datore e quali strumenti verranno utilizzati dal lavoratore, normalmente forniti dall’amministrazione.
Inoltre, per non essere invalido, deve contenere quanto segue:
la durata, avendo presente che lo stesso può essere a termine o a tempo indeterminato;
la modalità di svolgimento della prestazione lavorativa fuori dalla sede abituale di lavoro, con specifica indicazione delle giornate di lavoro da svolgere in sede e di quelle da svolgere a distanza;
la modalità di recesso, che deve avvenire con un termine di preavviso non inferiore a 30 giorni salve le ipotesi previste per i disabili (90 giorni) e per giusta causa, ai sensi dell’art. 19 legge n. 81/2017;
le ipotesi di giustificato motivo di recesso;
l’indicazione della fascia di tempo in cui lavorare e il diritto alla disconnessione (cioè per quali motivi il dipendente può sconnettersi dallo strumento di lavoro);
i tempi di riposo del lavoratore che comunque non devono essere inferiori a quelli previsti per il lavoratore in presenza e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
le modalità di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore riportando l’art. 4 della legge 20 maggio 1970 n. 300 sulla videosorveglianza;
l’impegno del lavoratore a rispettare le prescrizioni indicate nell’informativa sulla salute e sicurezza sul lavoro agile ricevuta dall’amministrazione.
Tra i giustificati motivi possiamo ipotizzare l’impossibilità sopravvenuta a rendere la prestazione fuori la sede aziendale (problemi insanabili di connessione, sfratto, ecc..), violazioni in materia di sicurezza e riservatezza, infrazioni disciplinari, scarso rendimento.
La prestazione lavorativa in modalità agile può essere articolata nelle seguenti fasce temporali:
a) fascia di contattabilità nella quale il lavoratore è contattabile sia telefonicamente che via mail o con altre modalità similari. Tale fascia oraria non può essere superiore all’orario medio giornaliero di lavoro;
b) fascia di inoperabilità nella quale il lavoratore non può erogare alcuna prestazione lavorativa. Tale fascia comprende il periodo di 11 ore di riposo consecutivo di cui all’art. 43 comma 5 (Orario di Lavoro) a cui il lavoratore è tenuto nonché il periodo di lavoro notturno tra le ore 22:00 e le ore 6:00 del giorno successivo.
Nella fascia di contattabilità, il lavoratore può richiedere, ove ne ricorrano i relativi presupposti, la fruizione dei permessi orari previsti dai contratti collettivi o dalle norme di legge quali, a titolo esemplificativo, i permessi per motivi personali o familiari di cui all’art. 51 (Permessi retribuiti per motivi personali o familiari), i permessi sindacali di cui al CCNQ 4 dicembre 2017 e s.m.i., i permessi per assemblea di cui all’art. 13 (Diritto di assemblea) e i permessi di cui all’art. 33 della legge n. 104/1992.
Nel Comparto Sanità si stabilisce che non è possibile effettuare lavoro straordinario.
In caso di problematiche di natura tecnica e/o informatica, e comunque in ogni caso di cattivo funzionamento dei sistemi informatici, il dipendente è tenuto a darne tempestiva informazione al proprio dirigente o responsabile e se tale problematica non si risolvesse in tempi brevi, il dirigente può richiamare il dipendente a lavorare in presenza anche immediatamente, rispetto all’orario di lavoro ancora da svolgere, per cui il dipendente terminerà la propria prestazione lavorativa fino al termine del proprio orario ordinario di lavoro in azienda.
Anche per sopravvenute esigenze di servizio comunicate dal dirigente, il dipendente in lavoro agile può essere richiamato in sede con congruo preavviso e, comunque, almeno il giorno prima.
I periodi di lavoro agile fissati dall’accordo si perdono se si salta per qualsiasi motivo la giornata dedicata al lavoro agile; non può essere recuperata perché non è un diritto quesito ma una diversa modalità di lavoro.
Il lavoratore ha diritto alla disconnessione e perciò si devono rispettare i suoi tempi di riposo e non possono essere richiesti contatti con i colleghi o con il dirigente per lo svolgimento della prestazione lavorativa, né è obbligato a leggere le e-mail, né a rispondere alle telefonate e ai messaggi e né a connettersi, per nessun motivo.
Coloro che dovranno lavorare in modalità agile devono pure essere adeguatamente formati.
La formazione dovrà perseguire l’obiettivo di formare il personale all’utilizzo delle piattaforme di comunicazione e degli altri strumenti previsti per operare in modalità agile nonché di diffondere moduli organizzativi che rafforzino il lavoro in autonomia, l’empowerment, la delega decisionale, la collaborazione, la condivisione delle informazioni e la salute e sicurezza sul lavoro.
Il lavoro da remoto è prestato, con vincolo di tempo e nel rispetto dei conseguenti obblighi di presenza derivanti dalle disposizioni in materia di orario di lavoro.
L’art. 81 del C.C.N.L. disciplina altre forme di lavoro a distanza tra i quali il telelavoro domiciliare, il coworking e il lavoro decentrato da centri satellite.
Il lavoratore non è obbligato a svolgere il lavoro agile presso la sede indicata nell’accordo, ma può mutarla, anche temporaneamente, dandone comunicazione almeno 24 ore prima al dirigente che rimane sempre l’unico referente dell’unità operativa per il lavoro agile ed è sempre il dirigente che ha l’obbligo di far ruotare tutti i dipendenti che hanno chiesto tale modalità di lavoro e che versano tutti nelle medesime condizioni (se c’è un lavoratore fragile o altro che ha i requisiti sopramenzionati avrà naturalmente la precedenza su tutti gli altri).
Alcune Delibere aziendali, come quella per esempio della BAT, errano nel non prevedere come requisito di priorità i lavoratori con figli fino a dodici anni di età e coloro che hanno una disabilità grave ai sensi della legge n. 104/92 (art. 18, L. n. 81/2017) perché questi requisiti sfuggono all’autonomia aziendale essendo previsti da leggi statali in un contesto di tutela comunitaria del disabile.
Altre situazioni che ogni azienda potrebbe prevedere per dare precedenza al lavoro agile non sono vietate, anche perché la finalità dello smart è quella di trasformare il modo di lavorare dell’azienda, senza pregiudicare il diritto degli utenti a servizi di qualità, e nel contempo ridurre le assenze del personale agevolando specifiche esigenze personali, familiari e di vita, anche considerando la riduzione del traffico urbano e dell’affollamento di personale magari anche in spazi ristretti.
Perciò non è assolutamente vietato per un’azienda sanitaria decentrare al massimo le attività amministrative se ciò non comporta una perdita di produttività ed efficienza anche oltre il 15% previsto dalla normativa che, si ricorda, fissa solo il minimo da raggiungere.
In conclusione, questa nuova modalità di lavoro produrrà anche ulteriori regole giurisprudenziali visto che le vertenze non si fanno certo attendere e già sono pendenti nei tribunali diverse cause di lavoro che riguardano la materia.
Per il momento, il Dipartimento della Funzione Pubblica, sta regolamentando lo smart working a suon di Circolari che, per il momento, attesa ancora la piena implementazione e sviluppo delle varie fasi del lavoro agile, possono correggere gli errori applicativi, ma si attende una riforma più radicale e unificata su questa materia.
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